Necessario un milione di alloggi in più se i giovani andassero a vivere da soli

 

Per i loro genitori è stata il luogo della stabilità e della crescita dei figli, ma per i trentenni di oggi, nell’epoca fluida del lavoro precario, la casa è sempre più un servizio, uno strumento di passaggio, una sorta di ‘casa taxi’. Parte da qui, dal rapporto tra i giovani e la casa, la chiave di lettura per riflettere su come ristrutturare il patrimonio immobiliare italiano, ma anche per far ripartire il mercato. Proprio i ‘bamboccioni’ che ancora vivono a casa con i genitori, infatti, se andassero a vivere da soli genererebbero una domanda di almeno un milione di alloggi. Il tema è stato al centro di un convegno sulla domanda abitativa dei giovani organizzato dalla Banca d’Italia e Sidief  (Società di iniziative edilizie e fondiarie), da cui è emersa soprattutto la necessità di rendere più fluido il mercato degli affitti. Per molti ‘millennials’, infatti, l’affitto (se non addirittura la convivenza con i genitori) non rappresenta un’opzione ma un obbligo – evidenzia uno studio Censis-Nomisma – La componente in affitto ammonta al 35% per la fascia di popolazione al di sotto dei 35 anni e al 18% sul totale. A pesare sulla scelta tra affitto e proprietà ci sono soprattutto le condizioni economiche dei giovani, che determinano anche la difficoltà di accesso ai mutui: la quota di famiglie under 25 che ha fatto domanda di mutuo nei primi sei mesi del 2016 è di appena il 2,1%, nella fascia 25-24 anni è calata negli anni fino ad assestarsi al 24,7%, a fronte del 36,1% delle famiglie di 35-44 anni.

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